LIBRI


Il male non è mai banale.Il concetto del “La Banalità del Male” della Arendt poteva generare equivoci. Qualche anno dopo lo confessò o meglio specificò meglio il senso delle sue parole, in una serie di interviste radiofoniche con lo storico tedesco del nazismo, Joachim Fest. Non era nelle sue intenzioni “di presentare come “banale” né gli assassini di massa né il male in sé.”

Hannah Arebdt non descrive Eichmann come un  automa, anzi sottolinea quanto sia lucido e consapevole della funzione che esercita.
Lo spiega  dopo aver raccontato un episodio (ripreso da Ernst Jünger) di «normali» contadini tedeschi che trattano come esseri subumani prigionieri russi perché questi per fame rubano il cibo dei porci. Era questa «la stupidità scandalosa» che pure Eichmann condivideva in un universo di rapporti diverso. «Ed è questo che propriamente ho inteso quando parlai di banalità. In ciò non c’è nulla di abissale, cioè di demoniaco. Si tratta semplicemente della mancata volontà di immaginarsi davvero nei panni degli altri».

























Screenplay by David Hare
Based on the book HISTORY ON TRIAL by Deborah E. Lipstadt 
http://assets.bleeckerstreetmedia.com.s3.amazonaws.com/eeb97738-2b39-43fc-a8ca-e3760c453615/full.pdf



DANIEL  KAHNEMAN




MARGARETE BUBER-NEUMANN

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Sfuggi all'avvento del nazismo rifugiandosi in Russia, con il marito Heinz Neumann, uno dei leader del partito comunista tedesco, nel 1935. Poi arrivarono le purghe staliniane e il marito venne fucilato. Un anno dopo venne arrestata a mandata nel Gulag di Karaganda (Kazakistan). Nel successivo accordo tra Hitler e Stalin venne scambiata con i prigionieri in mano dei nazisti e venne rinchiusa  a Ravensbrück, un campo di prigionia per prigionieri politici.
Nel 1944, a Ravensbrück furono costruiti una camera agas e un forno
crematorio, dove finirono oltre 2.000persone. Il campo ha ospitato
circa 130.000 deportati,di cui 110.000 donne. Si calcolano circa
92.000 vittime. Margarete Buber-Neumann è sopravvissuta per raccontare la propria esperienza e quella di altre persone che non ebbero la stessa fortuna a cominciare da MilenaJesenska, giornalista di Praga, amica e traduttrice di Kafka.





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